7^ generazione (1897-1932) | |||||||||||||||||
Tre secoli dieci generazioni |
Pur portando ancora il soprannome in Sardo datogli da bambino, ormai anche in famiglia, questa generazione si esprimeva in lingua italiana. E' la generazione della prima parte del XX secolo, accorsa prima nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, poi colpita dal flagello dell'epidemia di febbre "spagnola", ed infine investita dal turbinio del regime fascista. La "Brigata Sassari" accolse al fronte un buon numero di Bardanzellu che, come tutti i Sardi, si fecero onore, e, in taluni casi, conseguirono anche delle medaglie al valore. Coloro che poi scamparono alla febbre "spagnola" raggiunsero il successo nelle libere professioni, e, in taluni casi, anche in politica. Quei pochi che si dedicarono ancora all'allevamento e all'agricoltura lo fecero con mentalità imprenditoriale. Il fascismo, in alcuni casi, porterà la divisione ideologica in famiglia, ma comunque, gli eventi furono sempre affrontati con spirito libero da qualunque condizionamento. La maggior parte dei componenti si schierò però all'opposizione subendo anche persecuzioni da parte del regime. Tutte queste "terribili" vicende ebbero il risultato statistico dell'innalzamento sostanziale dell'età media al matrimonio: ben 38 anni e 5 mesi per i Bardanzellu maschi (e cioè ben 12 esatti in più dell'età media della generazione precedente) e 26 anni e 6 mesi per le loro spose (7 anni e 6 mesi in più della precedente generazione), con una differenza media record di età tra gli sposi di quasi 12 anni. Le "signorine" Bardanzellu furono statisticamente più fortunate in quanto si sposarono all'età media di 23 anni e 7 mesi (comunque di oltre 4 anni più anziane delle loro madri e zie). Battista Bardanzellu (Olbia 1885-Roma 1956) frequentò le scuole superiori a Genova e si laureò in giurisprudenza all’Università di Roma. Nella Capitale d’inizio secolo, il giovane trovò un ambiente culturale che influenzò in maniera decisiva il suo modo di pensare e le sue convinzioni politiche: la stagione del Blocco Popolare del Sindaco Ernesto Nathan, mazziniano e Gran Maestro della Massoneria italiana, a capo di una coalizione comprendente repubblicani, socialisti, radicali e liberaldemocratici. Già negli anni dell’Università, infatti, si iscrisse al Partito Repubblicano e poi aprì un affermato studio legale, specializzato in vertenze immobiliari. Allo scoppio della Grande Guerra, coerente con le idee repubblicane interventiste, si arruolò come volontario, e ricoprì il grado di Sottotenente nei Bersaglieri. Ha poi diretto le pubblicazioni della rivista "Giurisprudenza e dottrina", edita da Ettore Ciolfi. Con l’avvento del regime fascista Battista risulta nell’elenco dei “Sovversivi” del Casellario Politico generale del Regime, per la sua frequentazione degli antichi compagni di partito (Oronzo Reale, Giulio Andrea Belloni e Federico Comandini). Durante l'occupazione tedesca di Roma, Battista fu esponente di spicco della Resistenza repubblicana nella Capitale; il sito dell’A.N.P.I.-Associazione Nazionale Partigiani d’Italia lo indica come comandante della Brigata Mazzini, che operava unitariamente con le squadre romane del Partito d'Azione. Dopo la liberazione di Roma, fu tra i rifondatori del P.R.I., insieme a Giovanni Conti, Randolfo Pacciardi e Cipriano Facchinetti. Fu membro della Direzione Nazionale e del Comitato esecutivo del Partito Repubblicano dal 1945 al 1954; tre volte Consigliere comunale di Roma (elezioni del 1946; 1947 e 1952); Assessore al Patrimonio nella Giunta centrista Rebecchini (1952-56). Roma gli ha dedicato un grande viale e un asilo nido nel quartiere Colli Aniene.
Compiuti gli studi medi inferiori a Tempio Pausania, Agostinangelo Bardanzellu conseguì un diploma professionale a Cagliari e poi intraprese una redditizia attività di commercio del bestiame. E' ancor oggi ricordato come uomo dotato di una forza eccezionale. Servendosi di motovelieri che attraccavano a Olbia, Palau e Santa Teresa Gallura, trasportava centinaia di capi a Livorno, Piombino, Viareggio, Savona e li vendeva ai grossisti che li smistavano verso i centri di macellazione. Fu poi Ufficiale postale; in servizio a Trinità d'Agultu (SS), è stato citato anche nella "Nuova Sardegna" del 1910, per il suo decisivo contributo alla pace tra le famiglie rivali Mamia-Pileri ed Oggiano, tradizionalmente nemici. Tra gli anni ’20 e ‘30 svolse attività giornalistica collaborando con L’Unione Sarda, Il Popolo di Roma e il Corriere dello sport. Aderente al Partito Repubblicano, durante il ventennio fu apertamente e polemicamente antifascista. Durante la II Guerra Mondiale fu per questo radiato dal servizio e sottoposto al confino di polizia perché considerato “elemento pericoloso e sospetto di intelligenza con il nemico”. In un’occasione venne prelevato mentre stava rientrando a casa e confinato a Bitti, senza che la famiglia ne avesse notizia. Nel 1941 venne nuovamente arrestato e rinchiuso nel campo di internamento di Isernia. Le condizioni inumane della struttura riuscirono a fiaccare anche il fisico straordinario di quell'uomo eccezionale, che venne sottoposto a tortura perché rivelasse i nomi di presunte reti clandestine di informatori del nemico. Durante l’internamento perse circa quaranta chili di peso e il suo fisico venne minato in maniera irreversibile. Nel dopoguerra si trasferì a La Maddalena, tornò a dedicarsi all'allevamento e ritrovò in breve tempo la salute e una discreta agiatezza finanziaria. Ben presto, però, fu nuovamente costretto all’immobilità a causa, tra l’altro, di ripetute paralisi. Scomparve a settant’anni ed è sepolto nel cimitero locale.
Achille Bardanzellu (Olbia 1890-1969) e Maria Putzu (Olbia
1905-1998), il giorno del matrimonio
Achille Bardanzellu conseguì il diploma delle scuole superiori a Genova e si laureò
in medicina a Roma, durante la 1^ Guerra Mondiale, nel 1916, mentre era arruolato nel 151^ fanteria (Brigata Sassari).
Tenente Medico sull'altipiano di Asiago, Achille fu decorato con
Croce al Merito di guerra, per le instancabili e lodevoli
azioni di sgombero dei feriti durante la Battaglia del Piave (15-23
giugno 1918). Sotto le armi, le sue idee repubblicane, già formatesi
sotto l'influenza del fratello maggiore, si radicarono con la conoscenza
di Emilio Lussu, anch'esso Ufficiale della Brigata Sassari, allora
repubblicano e futuro fondatore del Partito Sardo d'Azione. Al ritorno
dal fronte, Achille fu subito individuato come uno degli esponenti di
spicco dell'antifascismo olbiese, da parte delle squadracce locali, da
punire duramente con il supporto di un gruppo di fascisti arrivati da
Civitavecchia, il 1° dicembre 1922; fu catturato e costretto con violenza ad ingerire l’olio di ricino. La violenza subita non placò il suo antifascismo: venne in contatto con l’organizzazione “Giustizia e Libertà” – che operava in Francia – e introdusse dalla Corsica volantini che incitavano la popolazione alla rivolta contro il fascismo. Durante il ventennio fu più volte fermato e rilasciato.
Nel 1939 ebbe le mani devastate da una delle prime apparecchiature a raggi X, nel tentativo di togliere un ago dalla mano di una sartina; per tale vicenda nel 1954 il Presidente Luigi Einaudi gli ha conferito la croce di Cavaliere al merito della Repubblica. Nel 1943 fu tra i fondatori del CLN Olbia. Nel dopoguerra
ha svolto attività politica nel Partito Repubblicano .
Il doppio matrimonio delle sorelle Quirica "Lucietta" e Angela "Lillina" Bardanzellu rispettivamente con Antonio Leoni e con Claudio Etzi.
Trasferitosi a Torino in giovane età,
Giorgio Bardanzellu svolse attività pubblicistica e si laureò in giurisprudenza nel 1911. Successivamente entrò nella carriera militare e, con l'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale, fu nominato sottotenente di complemento nell'arma di fanteria. Incorporato nel reparto mitraglieri della Brigata Taro, si distinse per alcune azioni considerate eroiche nella difesa del Coni Zugna, così da meritare la medaglia d'argento al valor militare. Successivamente partecipò alla Battaglia del Passo Buole (1916) e ad un'azione sul Monte Pertica (1917), dove guadagnò un'ulteriore medaglia al valore (di bronzo) e fu promosso sul campo al grado di capitano. Infine, fu ferito sul Monte Grappa, ove fu decorato con la Croce al merito di Guerra.
Collocato in congedo nel 1919, si dedicò alla professione di avvocato penalista, e, a Torino, aderì alla Lega Democratica per il rinnovamento della politica nazionale di Gaetano Salvemini. Dopo lo scioglimento di tale formazione, si presentò alle Elezioni politiche
del 1921, nelle liste dei Blocchi Nazionali, e risultò il primo
dei non eletti a Torino. Prese la tessera del Partito Nazionale Fascista nell'agosto 1922. Nell'ottobre 1923 fu eletto Segretario del Fascio torinese, ma, nel dicembre successivo fu costretto a dimettersi.
Nel marzo del 1929, per una caduta sotto a un tram, gli
fu amputata la gamba sinistra sotto il ginocchio e dovrà portare per tutta la vita un arto artificiale. Nel 1934 fu inserito nella lista unica per le elezioni alla Camera ed eletto deputato; nel 1935 fu riammesso nella riserva dell'Esercito italiano. Nel 1939 non venne ricandidato al Parlamento in quanto - sostenne poi di fronte alla Commissione di epurazione - oppositore della politica della Segreteria del partito fascista, che riteneva troppo totalitaria. Nel 1945, fu completamente prosciolto dalla Commissione che appurò la sua estraneità a qualsiasi profitto del regime di Salò.
Nella II e III legislatura repubblicana, si presentò con il Partito Nazionale Monarchico e fu rieletto deputato. La sua proposta di limitare a 50 km/h la velocità dei veicoli nei centri abitati
fu recepita dal codice della strada del 1959. Il 23 marzo 1956,
il Parlamento approvò la sua proposta di legge per la difesa
della quercia da sughero. Contemporaneamente, riprese la sua
attività pubblicistica per La Nuova Sardegna. Vice presidente
(1958-63) del gruppo parlamentare monarchico, la sua partecipazione alle elezioni politiche del 1963 e del 1968, nelle liste del PDIUM, non ebbe successo. Contrario alla fusione del partito con il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, restò fuori da tale progetto e aderì ad Alleanza Monarchica.
"Babbai Jolzi" Giorgio Bardanzellu
(1888-1974)
Domenica Bardanzellu
(1882-1959) nel 1910
"Giovanni Maria Bardanzellu, figlio del ricco Pasquale, in quegli anni viveva delle rendite delle sue terre, possedeva bestiame e cavalli, anche da corsa. Produceva vino e vendeva sale; era generosissimo e ai matrimoni regalava appezzamenti di terra e case; ai battesimi, un vitello o un fucile se era un maschio; aveva più di cento figliocci. Il giorno dei morti, nella sua tenuta a Marana, venivano uccise le bestie per i poveri e dava in elemosina pane e carne. Era anche un appassionato cacciatore” ( da: Giovannelli, Mariella, Le piccole storie di Olbia, in: Almanacco Gallurese 1994-95).
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Il luogo d'origine: Luras | |||||||||||||||||
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La Saga dei Bardanzellu è un progetto "Uomo ancoriforme" |